Il sonno dei malati è carta straccia
è buccia triste e occhi pinzati;
nulla in vero
che possa far pensare alla barca per i sogni.
Il sonno di mia madre
sembrava l’agonia dei pescetti a porto vecchio:
in poco spazio ottanta invitati lì a guardare
le pinne, e poi le bocche
sputare l’olio santo.
Il letto era di quelli intagliati nell’ulivo
mio padre aveva il posto di Ulisse
là in cucina, un numero per ogni emergenza
un mare dentro
da non riuscirci più a stare a galla.
Era invecchiato.
ITACA
dicembre 12, 2011 di massimobotturi
Struggente, commovente, dolceamara… quanta delicatezza in quell’immagine dei pescetti in agonia. Mi ha toccato profondamente questa poesia.
Ti abbraccio
non vorrei avere suscitato sentimenti di sgomento prematuro. Per fortuna mia madre ora sta bene, si trattò di una brutta polmonite che ci mise tutti in forte apprensione. Lei è una donna che non si lamenta mai, visse tutto quel difficile periodo quasi nel dubbio di disturbare.
Telemaco o mio caro…:)
Ecco come Poesia entra nella crudezza. Ne fa un canto. Una spina assai dignitosa.
un altro mondo…
ciao, carissimo!
🙂
La madre, fonte del nostro respiro, è come una canna al vento:
Ondeggia, si curva, si ammala, ma resta sempre pronta ad aiutare
l’approdo ai propri cari.
Grazie Massimo
Un caro saluto
Mistral
sei molto cara Mistral,
grazie
“là in cucina, un numero per ogni emergenza
un mare dentro
da non riuscirci più a stare a galla.”
ha saputo dare l’immagine della paura che attanaglia al punto da sentirsi le gambe molli, la paura di affondare.
grazie cecil, sei sempre la benvenuta
paragone sofferto, paragone “liberatorio”… paragone quasi stonato.. poi l’equilibrio delle tue parole riporta “il sonno”…
dove sognare è respiro.
un abbraccio.
m.
metaforizzazione del dolore con accenti di liricità realistica.
fra il passato e il contemporaneo questa tua splendida isola di tormento ed immagini, che si richiama al classico per la figura di tuo padre, l’ulisse, l’uomo che aspetta e veglia il sonno di tua madre consumandosi nell’attimo del dolore come in anni.
mi ha molto toccato, massimo, e sono felice per la guarigione di mamma, che sicuramente troverà terapeutiche anche queste tue splendide poesie 🙂
baci, f.
Il buio svestì
la notte.
Il ponte crollò
sull’uscio le rovine.
Pollice sospirò
tempera.
luce
di sangue,
tenerezze ad arco:
cessarono.
impartorito
dolore,
gobba
di maschio.
grazie transit, per la tua rara sensibilità, e per la tua poesia sempre presente
la madre è porto di partenza a cui non c’è ritorno
le Madri regno del futuro Eroe
non ho nemmeno scritto che la poesia è bella…
itaca è dove c’è una donna che sa tessere l’amore, è il porto dove cui attraccare… che bella poesia Massimo!
uh, massimo. penso a Kavafis.
che cosa bella che hai scritto. non mi vengono altre parole.
dolorosa e struggente, penetra nelle viscere da cui è uscita!
bellissima
chicca
non so che dire.
vedo i pesci ruotare attorno a mia madre, ora.
boccheggiare con lei.
mandare bolle che si spezzano in superficie.
e bella anche la poesia di transit.
“Il sonno dei malati è carta straccia
è buccia triste e occhi pinzati;
nulla in vero
che possa far pensare alla barca per i sogni.”
Come al solito, una meraviglia…
Grazie
bluemarine, è un onore averti qui
grazie