RITRATTO NUMERO DUE
Come le gabbianelle,
smagrite dalle ore,
dentro i più aperti cieli essiccati.
Stesa al porto
le gambe nude in cerca del primo sole
chiuse.
Le calze su una pietra di lato,
vele morte.
Ti prendi i fischi e mille sospetti
pare quasi, ti tenga il vento
appesa alle specula del mare.
Come si lascia a volte cadere lei, la stanca
nel vortice che ha mani invisibili, aggraziate.
Così che per miracolo
pare scompaia il peso,
e l’apertura è come il risorgere di un Cristo
purificato e chiuse ferite.
Darti nome
avrebbe il senso delle mie scarpe sporche in chiesa;
del dito nella tela che, ancora fresca
esplode. Nella primizia d’arte
ch’è già tormento
e fine.
RITRATTO NUMERO TRE
L’onnipotenza è presto spiegata
dice il vecchio.
È nella gemma che tu tormenti in mano
nel sibilo dell’aria che viene su dal lago.
È la tempesta che ha contrariato il cielo,
spezzandolo di stelle e vertigini di latte.
È il cane coda mozza
che viene, e lecca piano.
Nemmeno ti conosce e già adora la tua vita.
È il verme che ci impasta la terra
è questo odore
come di donna mentre si lava.
Ascolta bene
non c’è una foglia che non conosca il nome
del merlo qui venuto a vestirsi.
Là, lontano
si sfregano i lampioni come cerini al vento
la luce fa dispetto ai due amanti
l’acqua impara
nasconde le sue pietre da secoli, matura.
Come la voglia matta di togliersi dal letto
e correre nel tutto,
bagnandosi anche il cuore.
RITRATTO NUMERO QUATTRO
Vedi? È giorno
l’ingegno della luce ti ha rovinato il sonno;
o forse è la gonnella che porta a pungolarti
quel miagolio da donna spaesata, quando scende
e con la sua lanugine santa
mostra il sesso.
Stai alla finestra, storti i capelli
nuda e ingenua,
come un laghetto in faccia alla luna.
Poi ti siedi
nemmeno te ne accorgi del tempo che è passato.
Hai la mezza tazzina da prendere
poi un treno
del brodo di gallina per cena
e un mezzo morto
tuo cuore più allenato alla lontananza.
Godi
non è peccato fare la seta, o a brutto muso
toccarti con i denti le cavità.
Chiavare
o solo ricordarti l’odore, con un niente.
Ritratti che prendono vita grazie alle tue parole. Bravissimo.
grazie Sandra
🙂
Il ritratto numero tre mi ha conquistato…
Complimenti Massimo ha ragione Sandra…sono dei ritratti che prendono vita grazie al tuo dipingere parole…
ciao
.marta
cara Marta, il numero 3 è un omaggio a mio zio, un contadino tanto duro, all’apparenza, quanto tenero nella sostanza
un abbraccio,
grazie
Versi crudi da pietra che odora di salmastro.Ma l’esercizio riesce a farla poesia eh?…Ciao Bianca 2007
grazie Bianca
un abbraccio
il tuo occhio lascia impronte che suonano e risuonano. e, me le lascio tutte nelle orecchie. come grazia del dì.
Dorissima
🙂
Il terzo ritratto mi ha fatto venire in mente le atmosfere del libro di Givone “La favola delle cose ultime”, tra contadini e risaie.
Pennellate da maestro 🙂
grazie
buona giornata
🙂
Sono tre ritratti che reggono un mondo personale
Io ho preferito il primo , mi ha davvero emozionata
Buona Pasqua
Mistral
grazie Mistral
buona Pasqua anche a te
è sempre un piacere leggerti Massimo, questa ha qualcosa di diverso, non il solito andamento temporale che ti caratterizza, ma un ritmo sostenuto, quasi un cipiglio…
ah,,, eri tu quello del caffè tenuto in frigo? ho provato ed è vero!! rimane molto più aromatico e buono
grazie Margot
🙂
si, sono io quello del caffè in frigo
mi fa piacere abbi avuto un buon esito il consiglio
un caro saluto
c’è una leggerezza che crea scompiglio in questi versi risalenti dal mare, da un grido dolcissimo di gabbianella, e sento la brezza, che sul lago si tramuta in breva, e il lago che ne beve la dolcezza…
ciao Massimo, Buona Pasqua!
grazie Carla
buona Pasqua a te
🙂
Sempre incantata nel leggerti…sono dipinti questi ritratti di parole…^^
sei gentile,
grazie
🙂
un caro saluto
Tu sai che il “mi piace” non è frettoloso, ma solo un riassunto ammirato
si, tamatoni, lo so
ha lo stesso significato per me quando lo uso
🙂
grazie, un abbraccio
e poi ci sono poesie che restano, come questa. Poesia che avrei voluto saper scrivere.
che bel complimento Emilia,
grazie
🙂