L’ombrello che scimmiotta Riccione sta volando
portato come un petalo in carne
fino ai campi.
Che poi, tra le abitudini vecchie e le istruzioni
ci hai messo venti paia di occhiali
e una Marlboro, tenuta in tasca per quarant’anni.
E due boeri
vinti alla lotteria del bar Mario.
Era d’inverno, più o meno come quelli di adesso
ma più freddi
più nebbia
e ghiaccio sulle ringhiere.
Era più estate, coi finestrini bassi dell’unica seicento
portata dal coiffeur del canale.
Questo si, me lo ricordo anch’io
perché stavo come un pesce
i piedi dentro e un quarto di cielo sotto bracccio.
**
È stata dura, e ci mette il tre di picche
adesso che la testa è pesante
e fuori piove, sul lastricato
e sopra i lampioni.
Nel tuo orto, su scheletri di pertiche in croce.
E sui ricordi.
Di quando senza neanche un fanale era la notte,
ma avevi la memoria
ed un naso sopraffino.
In mente dove fare la strada fino in corte
dove il suo cane dalla catena aveva strappi
e implorazioni a un pezzo di pane.
Fino all’uscio,
di fuori gli stivali del padre,
dentro il mondo.
Due trecce che viene meglio il lavoro senza impicci
né vanità terrestri a mostrare a quell’eterno
le cui fattezze spesso prendeva misto grano.
Mietuto con fatica,
senza preghiere austere,
ma grida
incitazioni alle bestie
calli
e mani.
Sanguinolente prima dell’acqua, e del sapone,
del bello che ti mette il pulito, e il sonno duro.
**
Mentre tutto ha sapore di disgusto,
cos’è che ci fa fremere il cuore
e gli occhi belli?
Forse la luna incinta, la donna sciagurata.
La mano sul bambino nel grembo, per sottrarre
un poco di bellezza alle silfidi del nulla.
O il lento perpetuarsi dell’onda,
calma.
Meno.
Tifone e direzione del tutto. Vita nuova.
Emersa come un dono notturno,
nuda
intatta; che quasi non è facile la distrazione prima
del sesso micidiale dal quale proveniamo.
È forse quella mano che ci copriva a sera,
la buonanotte
e un bacio intristito, quel rumore
di tegole e stoviglie riposte.
La certezza
che il giorno nuovo avrebbe svelato stesso viso
la stessa grazia calli alle mani, della madre.
Parole poche e ombre divelte
soldi e pane, sulla tovaglia fresca che ci attendeva
allora
tornati stanchi ai nostri velieri, a quelle barche
tenute su dal vento e da spatole di calce.
La fratellanza, forse, con tutta questa gente
che con panini e borse riempie treni e strade.
Le poche notiziabili pene di qualcuno
che d’improvviso manca alla conta.
Gli ospedali,
il rito della sua vestizione
il buco in terra.
La fratellanza sotto le stelle il giorno santo,
i fuochi d’artificio, i golfini stropicciati
le gambe di salute venute belle grandi.
I sandali riposti con cura sotto il letto,
dopo l’amore fatto nascosti, e un po’ degli anni
lasciati come bava a seccare
in sonni duri.
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