Posted in poesia on marzo 26, 2015|
22 Comments »
La voce delle foglie quando è sera
ha niente a che vedere con mamma
o con l’amica
che nuda sta parlando al telefono.
Con te
che strilli le tue tante impazienze come niente
e sembri Rosa Luxemburg, fiera
il mio peccato, di gioventù anche adesso
che ne ho una fame boia.
Una fame da cantante da bar, da adolescente;
la fame di chi ha colto quell’attimo del
“vengo”
e ormai non me lo levo di dosso, è qui che sfrega
la testa come avessi i pidocchi
è qui che fotte,
mi prende come fossi il suo muscolo tirato
leccato come il pelo di un gatto.
Fame antica, delle preghiere là in prima fila
di ragazze, coperte fino al sacro di Venere
sedute, con le ginocchia un po’ birichine
un po’ a far figli.
La voce allo spezzare del pane, via anche il velo
la gola a far dei salti di gioia
gli orecchini, suonati come campanellini.
Voci maschie, uscite dalle grate del manicomio
– Capo, c’hai mica un po’ di fumo per caso?
sai, io sono, Napoleone e Lincoln insieme.
Voci crude
dei bimbi appresso un cane di pezza
una contesa, bastoni, urla oscene di guerra.
Voci rotte
cadute al pavimento di casa per tristezza
coraggio che ti viene a mancare, rabbia, sputi
e sangue come fosse mattanza.
Voci bianche
l’eunuco che qui vedi ha mischiato le sue carte
ha scelto un disco per la mattina, ha chiuso il gas.
E ha ancora nella testa quel “vengo”
Dio, che roba.
Read Full Post »