Feeds:
Articoli
Commenti

Archive for novembre 2016

UNA MARGHERITA

Prendo una margherita, tra calice e profumo.
La porgo alla tua incuria di notte, nella piena
così che quando fai un bel respiro
poi si elevi, e torni ad esser viva per sempre.
Te la porgo
con tutto che distingui le cose per sentito
con l’immaginazione dei puri, con la grazia
di chi non ha più nulla da perdere.
E’ la tua
ti fa l’età più eterna di un nome, di un concetto;
ricorda a tutti noi che qualcuno è per il mondo
con i tuoi occhi e il tuo portamento, la tua testa
più dura a volte e piena di aria.
Ti somiglia
nella complessità del mistero, nella vita
eretta come stelo il mattino, un po’ piegata
la sera che il miracolo scema e resta foglia.

Read Full Post »

Quando sono nato, la radio andava ancora.
Notizie birichine mischiate a frasi note
le musichette del varietà, la vita bella.
Il gazzettino apriva le porte agli scolari
e per le strade un filo di pioggia dava il tono
al quadro di paese monotono dei miei.
I calendari fecero ciao dal loro chiodo
si tolsero il cappello cercando un santo nuovo
un prete per la rianimazione, o un buon dottore
capace di stilare una data certa, chiara.
Gli uccelli menzionarono Mozart, sono amici
e una pittrice nuda si fece autoritratto:
così, per omaggiare il garzone di bottega
che un giorno portò il latte fin su al settimo piano.
Le anatre percorsero il cortile in dieci netti
gettandosi nel fiume col seguito precoce;
poi fecero un inchino nell’acqua
e seppi niente, soltanto che fu sera un po’ prima
e meno freddo.

Read Full Post »

IL VOLATORE

Un giorno mi alzerò, come adesso, ma diverso.
Mi leccherò le ali cresciute nottetempo
e proverò a cantartene una:
una nidiata
una vetta all’Himalaya, o sulla torre Eiffel.
Farò le giravolte che ho visto ai rondinini
per annusare il tuo sottotetto;
o andrò a ponente
dove le donne nude non hanno più vergogna.
Mi scoprirò un eccentrico mago, equilibrista
l’adoratore senza regali del tuo seno.
Un giorno sveglierò il vento caldo, e con sgambetto
ti leverò la gonna di mezzo. Sarai bella
come i respiri alti d’Islanda, come il Cile
la costa di Sardegna e l’azzurro delle grotte.
Un giorno mi alzerò, come adesso, ma diverso
non ci saremo più tu ed io, forse più niente
soltanto le parole che disperato elusi
una calligrafia niente facile, un amore
mai morto per davvero
un grande volatore.

Read Full Post »

LETTERE D’AMORE

Con la punta smangiata, un tozzo solo
scrivevo sopra fogli di luce
era a vent’anni, ucciso in qualche fredda campagna
a far la guardia
ai versi d’animale e a un confine già franato.
Scrivevo le ginocchia di luna a cielo terso
la voglia che premeva, feroce, di incontrarti
e mettere la lingua sulle tue cuciture.
Scrivevo che i ragazzi dovrebbero star svegli
inaugurarsi il fronte del popolo
lottare, studiare come farsi la vita vera, umana.
Senza morire un giorno asfissiati ai capannoni
o ciechi dentro qualche miniera.
Ti scrivevo
del gusto primordiale e infinito di guardare
ogni finestra vetri socchiusi come tua
del vizio di mia madre di far entrare l’aria
mattina presto quando è più fine.
Ti scrivevo, e quando t’incontravo stracciavo tutto quanto
mi esercitavo strada facendo
già ti amavo, col senso di abbandono e disperazione.
Amore
non ho mai smesso, e ancora al confine tremo gli occhi
ci sono muri alti a scacciare la giustizia
tanto di quel da fare
che un po’ mi fa paura.

Read Full Post »

OCCHI APERTI

Quante constatazioni ci tocca fare, amore
esempio dirci – a presto
così, senza occasione;
poi un bacio da versare alla coppa dei tuoi seni.
A volte a quattro zampe mi metto
e guardo il cielo
cercandomi una luna pelosa come musa
o due fanali verdi scroccati alla natura.
E il constatare d’essere lupo fa strozzare
in gola gli ululati poetici, i rimbrotti
al fatto che la notte è violata con i ceri
coi quindici lampioni di Via Milano
e gnomi, chiamati metronotte
o pistoleri stanchi.
Quante anticipazioni locali, qui, sul petto
di quello che verrai a riscaldare con il pianto
un chiedermi l’aiuto da bimba;
o un bell’andare, sul sesso come al vento un grembiule.
Quanti libri
ho scritto sulle mani toccando corde e pesi
e quanti matrimoni sfarzosi, poco riso
per via che non c’è nulla da ridere a restare
appiccicati tutta la vita. Fa sognare
e bestemmiare il corpo degli ultimi.
Sicuro, un’altra delle nostre improvvise
una certezza. Constatazione d’essere fragili
paurosi
ma pronti all’aria tutta traversa, occhi aperti.

Read Full Post »

TUTTA LUCE

Si dice che ogni età ha i suoi deliri, le sue pene
le geografie dei libri conoscono ben poco
dei luoghi ultraterreni vissuti, molto poco.
I miei li ho riordinati col nome delle bestie
così se far l’amore con te era una stenella
finire a notte fonda torpedine marina.
Quel giorno che l’amico tornò nella sua terra
il corvo prese parte di me, la gazza, il tordo;
e dopo l’usignolo e il più dolce diamantino.
La volta che credevo morissi fui una pietra
inanimata, a forma di serpe
sotto il piede, della madonna dei catechismi.
Ed ora un sauro
avidamente in cerca di sole, perché inverno
è la mia condizione perenne.
Il mio domani
lo voglio immaginare nell’acqua, grandi sbuffi
bianco come un beluga nei fiordi, tutta luce
e sul mio dorso tu, trasparente, una farfalla.
Lo so è un po’ elementare
ma mica devo nulla, a quelli che pretendono poesie
capolavori.

Read Full Post »

LA GIOVENTU’

Ah, vedessi!
come le osservo il manto terrestre
nulla impuro.
La bocca che non compie peccato
il turbamento, dell’anca e della faglia alla nuca.
Scriveresti
lamentazioni e versi sconnessi
un pianto verde. Saresti come il salice
la notte dei coltelli
la verga sulla schiena alle bestie.
Un campo arato, vermiglio dove fresco ti è il sangue
secco il resto.
Sapessi quanto mondo traspare dai suoi seni
quante cartolerie di ragazza, quanti osceni
spari di caccia nella campagna. L’ameresti
per come sveglia in me commozione
un tirocinio, di mani e allegorie per l’amore.
La vorresti, nel letto della scarsa ragione
nell’olfatto
e gli occhi di una santa che sveste dio e il decoro.
Triboleresti tutta la notte al suo pescato
negandole dell’aria per farla meno bella;
susciteresti febbri e tremori
spasmi e pianto, e piccole risate nei punti di sutura
sui nei e nei pertugi di rosa.
L’ameresti, con la disperazione di sempre
gioventù.

Read Full Post »

ALTROVE

Talvolta mi soffermo tra il viale e il corso d’acqua
per osservare il tempo che sveglia le marcite;
il giallo opaco e antico tra cielo ed ossa cave
di questa terra un po’ incarognita.
In fondo, il mondo
produce miniature di sé in ogni paese
elettrico vicino a Natale
silenzioso
almeno un paio d’ore la notte.
Certo, altrove
il sangue non si ferma in nessuna ferrovia
l’acciaio sta alla pressa come l’amante a un bacio.
Altrove si scatena il principio di un incendio
il mare ha il suo ciclope benigno.
Ma qui solo
risento la mia mamma cercarmi
fare cena, con quello che è avanzato da ieri.
Qui soltanto
c’è ancora quella curva addolcita da mio padre
tornato dal lavoro un po’ prima
oggi che è festa.

Read Full Post »

ADDIO POESIA

Mi bastava un colore, l’elastico al calzino
la fretta di una donna che sale sopra il treno.
E mi bastava un libro sgualcito
mani sporche, di mamma mentre va al fine mese
un padre stanco; amici lisci come il rosolio
altri già vecchi
pieni di ruggine e bianchi i capelli.
Un pianto
un riso
la piccola farfalla tra gli inguini di sera
il pelo ammazzasette delle tue ascelle
il naso, da metterci e poi dirti che vera sai di vita.
E mi bastava un cenno di assenso, un fazzoletto
dal finestrino della corriera
odore forte, di grappa nel caffè e proletari senza patria.
E mi bastava fare la fila in qualche ufficio
tra dodici ventagli e una caramella al cedro;
tra il vizio a tagliar corto sul tempo e a fare l’occhio
di pesce lesso a una ch’è bella cento volte.
E mi bastava niente per scriverci le ore
per far uscir da me la procreazione
e andare forte, la fronte alta al mare più rosso.
Adesso è strano
come la nudità ch’è nel cielo già mi basti
i voli bassi
d’amore di due uccelli che insieme fanno giorno
autorizzando il la del leone
della zebra, il lento refluire di foglie in un tombino.
Il secco della terra che mostra il carapace
l’ibrido e fiacco sapore dei canali
la polvere che cala giù a sciami
ed il silenzio, che fa la voce dentro se hai pace.
Addio poesia.

Read Full Post »

I MORTI DEGLI ALTRI

A loro concediamo il diritto di parola
i nostri sono laghi smembrati
troppo noti, per la conversazione sul nulla.
I morti altri
somigliano agli amori passati
si, un sorriso, non lo si nega certo
una dedica precisa.
Si spende qualche tempo a cercarne la ragione
a rovistare cuore e memoria.
Poi si passa, notando, ultima cosa
come sia proprio uguale
una carezza al vetro pulito, un bacio casto
un NO più rassegnato che incredulo.
I ragazzi
son qui perché fa parte di buona educazione
hanno le tasche grandi come la siberiana
la voglia di far presto e di chiuderla; negli occhi
qualcosa che li estranea da lì
forse la noia, il loro provvisorio diritto alla prestanza
o il fatto che non sanno a memoria le orazioni.

Read Full Post »

Older Posts »