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Archive for giugno 2020

OGNI MINUTO

Conto i grani
come a un rosario laico che in fretta si rivela;
fin anche il sonno giunge a levarmi quella gioia
di mettere le mani a conoscerti più d’una.
Perché la donna ch’abita in te è cangiante luna:
lo spicchio balenato se vuoi restare sola
la mezza ad educarti il sentire. Piena in luce
quando ostinatamente dai l’ombelico nudo
per farti come un prato per me, per la mia soma.
Per questo custodire il ricordo d’oltremare
il leccio di un battello con la sua spuma bianca
e il coro delle acque simile al sangue in vena
ceduto a notte mentre l’amore.
Oh, mia cara!
Sorridimi con bocca di pesca, ogni minuto.

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IL PRINCIPIO DELL’ESTATE

E non potevo io esimermi dal farlo:
guardarti i piedi un po’ primitivi, in quello slaccio
di sandali venuti via a poco giù al mercato.
Tu che somigli alla Venere dei pazzi
scendevi sulla terra simile al cardellino
troppo vicino all’odio degli umili, alle pene
di chi non sa la gioia dove mai ha preso casa.
Sensuale come l’edera su per le mattonelle
colore più vivace del fresco, quando piove
e stacca il verde giovane del dorso di un ramarro.
Non ho potuto dirti che immaginarti nuda
mi ha fatto tenerezza e sapore nel palato
sentore di uva spina e di more in mezzo ai rovi
qualcosa che ricorda il principio dell’estate.

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IL SOLE DI NOTTE

Ci sono stato in America una volta
ricordo avevo gli occhi incapaci a misurare
e il cielo stava sempre lontano, più di qui
che ho il campo come meta e stupore.
Come dire, che il fondo dell’oceano
è una cosa innaturale?
Il blu teneva in sé quattro solchi, troppo sale
e code di balena a zittirlo in ogni dove.
Io sono abituato ai balconi d’ordinanza
dove vai a prendere il sole il tre di maggio
con le tue gambe bianche di latte e non t’accorgi
del desiderio osceno che sale alle mie braghe.
Dei piccoli sentieri che amo al mio paese
dove c’è ancora silenzio a una cert’ora
e stesa sulle foglie mi sembri una poiana
che passa dentro l’aria come una pioggia estiva.
L’ho vista ed assaggiata l’America, era un Cine
un Luna Park di dolci e filato, come un vino
che preso troppo presto non umida la gola
un miele che sprecato non gravida la terra.
Io sono abituato al negozio dietro casa
a quattro e più palanche che servono per cena
al pelo della fica che ti intravedo a volte
nero di fumo come l’America, vivace
come il tuo sole di notte che hai alla schiena.

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UNA MELA

Quasi impossibile ritrarti nel dolore.
Fossi una statua, la mano in perfezione
e mille anni ancora di glutei e seni duri
turbata dalle tue oscenità; potrei tentare.
Ma la destinazione a noialtri è l’arte pura
del divenire come le piante: ogni stagione
il proprio malaffare, le sue tribolazioni.
Il nudo del risveglio se è tempo dell’amore
e l’acqua dei canali che intorbida, domani
a ricordare al corpo che ha spoglie da mortale.
Migliore dell’eterna poesia è il tuo sguardo d’ombra
quell’eco del pensiero che sale dentro casa
quando centrata su niente ti domandi:
se sia una condizione perenne il tuo soffrire
o il frutto occasionale veduto andare a male.
Come una mela che presto si matura
e cade non raccolta da alcuno.
Ecco la terra! Direbbe in quella lenta agonia
profonda, dura.

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LE ORE

Potrei starci le ore così, col vento in faccia
le foglie ipnotizzate sollevano le case;
le portano sul mar di Norvegia, dove il freddo
si batte sopra il petto come una mandarina.
Potrei cantare come una pianta, un pioppo, un olmo
e prendere con gli anni una scorza bella dura.
Fruttare come un melo in collina o farmi fiore
per il tuo naso sempre curioso, perché d’api
hai preso quel colore di platino e di oro.
Ora che il miele del corpo è cristallino
e trema come un fiocco di neve sulla mano
di un bimbo che l’assaggia
perché così vuol fare.

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