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Archive for ottobre 2020

COME LA BOCCA AL PANE

Non mi serbate le prediche al domani

poesie dal peso eccessivo, complicate.

Io nel soprabito beige della mia bella

ho spesso ritrovato le cantilene buone

parole con il gusto di latte e di amarena.

Dal tabaccaio dell’angolo, col padre, ho celebrato

messe su messe cantate in forma breve;

lui spezzettava gli ultimi tiri come un boia

penuria d’aria nelle osterie, ed io piangevo

le lacrime degli occhi prestati alla malaria.

Non educatemi al pizzo ed ai merletti

ai viali dei roseti dove si entra a ore;

nei fiori delle mie cavedagne ho messo il naso

e il sesso ancora prima che lei venisse nuda.

Trifoglio ed erba Spagna fanno il dialetto duro

ma lei poi mi capisce e s’aggiusta in mezzo ai seni

quel foglio di mia ultima grazia, poche righe

per dirmi suo poeta, come la bocca al pane.

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ERI RAGAZZA

Hai come due sentieri di luce sulle guance

le scie di una lumaca che ha fatto molta strada.

La luna li riflette allo specchio

e un po’ ti sfiora, come tentasse giù una carambola

un filotto, e tu fossi il suo prato di gioco.

Lasci fare, il sentimento mica si finge.

Piangi, preghi, cominci a odiare il corpo

lo stesso molto amato.

Poi porgi il seno come risorsa, come incontro

sperando che io dica qualcosa, come allora

seduto sul muretto a guardarti trasalire

per via che avevi visto una biscia d’acqua nera.

  • E’ già scappata in mezzo alle erbacce,

non temere – le scarpe in mano tutta la corsa

eri ragazza, le gambe come schegge impazzite

lo ricordi?

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ALMOST BLUE

Lo so che non è l’ora

non è partita ancora l’irrigazione ai prati

la luna è a metà strada coi suoi scarponi a chiodi.

La gatta cerca ancora lucertole, e alla radio

siamo soltanto al terzo in classifica.

Ma guardo

lo stesso a quel vialetto di poche lampadine

al cancelletto senza la chiave, tra la siepe

e l’altalena nuova ai vicini.

E’ la passione

che aspetto come dopo una guerra, il passo lento

gradini fatti quasi a memoria. La dolcezza

con cui si spoglia senza rumore

e quel suo – grazie – per quattro cose al piatto

e la mezza minerale.

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GIORNI DI SCUOLA

Si crede che a sei anni non s’abbiano pensieri

il sole sulla faccia anche a notte

un cuore mite.

Eppure, quella chiave là sotto lo zerbino

faceva già un po’ vecchio il mio modo di arrivare.

Pigiavo poche luci, con parsimonia, e andavo

al posto apparecchiato da sempre.

C’era il pane

una caraffa d’acqua col piatto di minestra

il letto fatto e teso, il pitale già svuotato.

I giorni trascorrevano da naufrago felice.

A volte se pioveva restavo sotto vento

coperto dalle scale ascoltandone il rumore.

A volte, se pioveva, volevo la mia mamma.

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