Di tanto piovere fitto amo il rumore
e l’erba che par come una donna d’altri tempi;
lavata, profumata, l’icona tua d’estate
quando le scale riempi a piedi nudi
lo strascico di un sonno profondo
e la sorpresa
d’attenderti come prima volta.
Amo i riflessi
la polvere del sole, poi, seminata a grano
la cerimonia lenta del suolo verso il cielo:
acqua per acqua che lascia terra e sassi.
Quello che sento, nel piovere improvviso
è il palpito del petto di quando sei vicina
la goccia sulla lingua che tanto sa di baci
di umido profondo dalla tua gola scura.
E’ quel tremore sopra le rose che ricordi
aprendoti all’amore come se fosse fine:
l’umanità perduta per sempre
tutto un fiume.