Io vado incontro alle mani,
mani tristi,
spellate come gli alberi davanti casa prima.
Ci metto il viso, l’intera mia stagione
la fretta d’esser figlio di tramandata speme.
Ci metto cantilene prima del sonno antico
le gemme che ho raccolto, da qui
al tuo ventre nudo.
Io vado incontro alle mani tue capaci
all’incavo dei venti, a te che sei campagna
e bruma di mattina.
Io vado incontro al tuo fiato d’alcol puro
ai denti fatti pietra, al tuo collo di roveto.
Io vado all’istrice bianco, al pube d’oro
agli inguini colonne dell’Ercole;
e più in fondo,
là dove il sangue ha gironi di clemenza
navi scomparse e rumori di pianura.
Io vado incontro alle mani, perché, solo
non so più riconoscere la stella che mi guida
il Nord da una qualsiasi strada
ho mezza vita.