Siamo fatti per il giorno festante e l’altro ancora.
Per la franchigia dei corpi e per la terra
per l’abbondanza dell’acqua nella bocca
il miele amaro dei salici e l’orecchio, evaso
a suoni brevi e inconclusi. Per le mani
e per le dita sorelle, per le mele, rifugio del peccato
padrone della fame. E siamo fatti per teche da museo
per la memoria dei vecchi e per i figli.
E siamo fatti per correre in collina
per somigliare alle vigne, alla zattera d’Ulisse
per fecondare col sesso il mare intero.
E siamo fatti di aria, e bava dolce, di pelle di papavero
e zoccoli di mulo.
E siamo fatti per stringerci qui in strada
il nome al campanello, due piatti, una tovaglia.
E siamo fatti per ridere nel sogno, dimentichi del braccio
che inavvertito poggia, sul pube come un’arma d’amore
siamo semi.