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Archive for ottobre 2022

MOTO PERPETUO

Le mie domeniche, rumore di saggina

l’ostinazione del vento sulle rose

sulle mie vertebre di ragazzino ai giochi;

magrezza che, a guardarla, l’avresti detta giunco

stelo di fosso, barbaglio di risaia.

Più tardi sarei andato con lui nella campagna

là dove cento aironi s’offrivano al sentiero

e dove pozze d’acqua vantavano purezza

ai piedi delle donne venute per cicorie.

Più tardi sarei stato un ricordo da scioccare

un uomo che ti cerca nel corpo martoriato;

cent’anni dopo almeno il tuo amore dilettante

e dopo, quello ancora da vivere, segreto

spuntato come un fiore sul labbro per stanchezza.

Adesso giaccio qui insieme a te, nella creazione

nel mantice di Dio, nelle rose prese a vento.

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LIBERA

Con la parola io rotolo una pietra

e bevo l’acqua nera del fiume dei soldati.

Carezzo la livrea di un leone, e amo te

eterna adolescente all’offerta di un gelato

di una conchiglia piena di mare, dea svagata.

Con la parola tu hai riso, eri un diamante

un vetro per il vino, la cattedrale a Nantes.

Con la parola ti ho fatta sussultare

vibrare come il pioppo ai vigneti della luna.

Con la parola io sono una balena

e grido dalle sponde d’oceano il mio dolore.

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RAGAZZA DI RINGHIERA

Ferma là,

che bruci l’acqua della memoria, l’acqua aceto.

Il petalo che vaga non è che un neo dipinto.

Fermati là a mezza luna, a pancia piena

ragazza di ringhiera coi calli sulle mani;

con gli occhi al filatoio, la gonna appesa al fico.

Fermati a filo di denti, al sole basso

peluria della donna distratta, passerina

che quando ti ho incontrata beccavi le susine

e nascondevi il riso tra cento foglie rosse.

Fermati là,

che mi sento come un treno, vapori dentro gli ossi

le gambe dure e il labbro

che sanguina ai tuoi morsi di baci da imparare;

svagato quanto al vento il bucato ad asciugare.

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MIO PADRE, UN ALBERO

Chissà se gridano gli alberi al dolore?

Le mani sue di legno le confondevo sempre

col ramo più robusto cresciuto a vista d’uomo.

Avevano del nero nel modo di fruttare

fratture incorporali rimarginate male;

e un secolo di storia nel leggerle:

animali, cavalli al trotto, forche e rastrelli.

Amiche piante,

cantate se potete con la sua voce chiara,

il vento è il musicante ed io lo spettatore.

Son qui seduto al sasso del miglio, qui

l’aspetto; come un foulard di seta

perduto da un balcone. Verrà

con la sua grazia da giovane soldato

un uomo senza spada né odio, innamorato.

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