Gli umori, come d’orto botanico, qui chiusi
richiamano il calore di certe estati fa.
Le mani non più rigide, snelle
tutte addosso.
Divaricata un attimo appena più di sconcio
il povero vestito già teso oltre il dovuto;
quella salita oltre confine che mi piace
e mi distrae da regole e strada.
Non dovresti
scapparmi via dagli occhi così,
senza le calze
col batticuore che mi fa sangue.
Verso casa
chiedendo quasi al caso di prolungare un poco
quest’agonia del vedo non vedo
questo abisso, dove poggiare almeno il pensiero.
O la tua mano
in obbedienza cieca, con stile da signora:
i tacchi ben piantati al cruscotto
indifferente, al mondo che si rompe tra finestrino e cielo.
Un sorso d’orchidea senza luna, ora che piove
il viso sconosciuto
privato,
non più tuo.