Feeds:
Articoli
Commenti

Archive for settembre 2015

QUATTRO DONNE

Qualcosa che mi provochi il sangue
e lo rimesti, qualcosa che mi scopra sui denti
e in tutto il corpo;
che scuota in me il ragazzo dei salici, l’uccello
la tenebra e la faccia modesta. Una stazione
un lungo fazzoletto d’addii
un’emozione, il figlio ritrovato del secolo
la pace
il gusto del veleno d’amore, l’orgia, il prete.
Qualcosa che mi mangi la testa, un forte odore
che svegli questo sesso degli angeli, una mora
due rosse e poi la bionda al negozio. Quattro donne
che tirino ogni parte di me, donne in azione
monarche per il gusto di amare. Quattro donne
e una sola dove morirci, i suoi ginocchi
il ricciolo intravisto colore di un belato
colore di una massa rocciosa, un finto mare
un dorso di balena che affiora, un osso ai cani
un disco messo su per tragedia.
Quattro donne
nemmeno una veduta mai piangere, una donna
perduta nelle vigne più nuda di un ramarro
di un corso d’acqua pazzo improvviso.
Più di questo, paese snaturato in agosto
quattro o niente, che portino me sopra l’Eiffel
sopra la neve, la tavola del mio compleanno
sopra un toro, che corre lungo tutta la Fiera.
Quattro donne, fantastiche nel mietere il grano
nel cantare, nell’essere smagrite e poi pingui
indifferenti
a questa solitudine piena, a me, malato
di gola e rettitudine scema.
Quattro donne
una per elemento e fortuna, partigiane
slanciate come allodole, leggere come un velo
un piccolo foulard di sutura
quattro donne, suonate come Schumann sui fianchi
come Muse, pericolo e passione da bere
quattro donne.

Read Full Post »

Come l’epilogo intenso del suo film
del suo romanzo spezzato, del suo nudo
anticipo di carta velina
d’oleandro.
E svenni per paura di Dio, d’esser felice
contratto come al guscio di onice un mollusco
la lucciola al ginepro, l’ago di pino ai prati.
Lei mi baciò le grazie per desiderio vero
lasciandomi nel naso il sapore dei pertugi
delle dimenticanze che infettano l’amore.
Sentii l’avanzo d’edera sul petto del cemento
la forza cavernosa dei formicai, la legge
che regola il fluire del sangue in una vena.
E svenni per mostrarle la mia fragilità
per stendere le trame che legano le braccia
le gambe che ho sottili, di rame
per i piedi
principio di Mercurio negli ozi dell’ardore.
E svenni per barare col tempo, senza l’asso
né il tre che porterebbe vittoria;
fui prudente
di più con quella luce che Luna mette in mezzo
e inganna un po’ i contorni con l’Aura del peccato.
E svenni per sentirmi di terra, per averla, su me
come una lupa che passa e poi si adagia
riunito il branco e tutto va bene.
In lei io svenni.

Read Full Post »

TU SEI LUCE

Tu sei luce, l’elettrica magia dentro i gigli
l’aria e il fuoco;
sei l’anima del nudo progetto di creare
il tocco delle dita nel giorno quattro.
Il miele, il coro delle api al balcone
il petto bianco
delle colombe in un abbaino.
Il vetro liscio, e quello smerigliato
che mi scombina il sole;
sei luce quando nasce un bambino
sei la vulva
che spinge vita e incanta le ostetriche.
Sei luce
l’amazzone con l’arco tra cielo e terra, il volo
di Gaia intorno all’asse celeste;
sei la Luna, la lampada di latte, la tetta del Signore.
Sei luce nella bocca di Omero, l’Odissea
l’incendio tra le mura di Troia
il ballo in piazza. Sei quattro lampadine
e una sedia vuota, un tango
un tacco che ossessiona il cemento.
Tu sei luce, il casco dei capelli che stai per asciugare
distesa come canna sul Nilo
un dio Papiro.
Tu sei la luce nelle conchiglie, quelle mute
la vena e il sangue chiaro di femmina
l’alloro, il pungitopo e il ribes nascosto.
Sei la fonda
la musica dell’arpa che fa l’amore in piedi;
sei luce cavernosa tra i seni, sei l’eclisse
tra la finestra e me zolfanello.
Tu sei luce, la schiena del beluga
la sua emersione, il moccio
tirato su se piangi qualcosa, o per qualcuno
che ancora non riempie la strada, la tua casa
la tavolata e il letto d’amore.
Tu sei luce
vestita per non fare del male agli occhi nudi
vestita per la cena ed il dopo
tu sei luce.

Read Full Post »

BALENE D’ARIA

Porgo la bocca al fiotto gelato
così bevo,
e pare ritornarmi il sudore dei ragazzi
le maratone in campi malconci.
Bevo notte
la più spietata farsa del sonno, bevo niente
avevo solo voglia di uccidermi la nuca
dietro le orecchie avere qualcosa di veloce
una sferzata d’acqua novella.

Tiro sassi
l’ha detto lei, alle nuvole
e piove. Forse è vero.
Tiravo anche alle rondini un tempo
per mancarle. Partecipavo al gioco dei tanti
ed ero solo,
nel mondo mio del vivere tutti al proprio posto.
Volevo solamente scappassero dai fili
rigassero la sera col pane delle ali.
Volevo che gridassero acute, ma contente
balene d’aria
ed io insieme a loro, questo è quanto.

Read Full Post »

MUS(IC)A

Read Full Post »

UN PIEDE AVANTI

un altro bel regalo di Stephy

I Fotolavori di Stephy

image

Nessun timore, amore
nessuna frenesia d’arrivare;
metti al mondo, il tuo profilo un po’ d’altri tempi
metti al mondo
la piccola poesia del tuo piede. Metti avanti
il petto oltre ogni cosa concreta, conosciuta
perdona le brutture di vita, a volte arriva
quel vento di marea che non vuoi chiamar dolore.
Un piede avanti, calzato più discreto e monello
un piede donna, di vetro e d’aria, un piede d’ingegno
di tenerezza madre e coraggio.
Un piede avanti
avanti a me che mastico l’ombra, e ti proteggo
come uno scialle quando fa neve, quando ami
e non sai contenerne la gioia.
Un piede avanti.

(Massimo Botturi)

Foto mia.
Parole di Massimo.

View original post

Read Full Post »

EQUILIBRISTA

vita spericolata 🙂

I Fotolavori di Stephy

image

Su un piede, come fossi una gru al sentiero d’acqua
pronta a lanciare il suo grido
la sua fuga.
Su un in piede in equilibrio perfetto, un do di petto;
calcar la scena per i teatri in questa vita
è opera dosata a incoscienza, più che a gamba.
Su un piede, e poi sull’altro, come una pantomima
il volo dell’airone tra il pino e la pianura
la mano che nell’altra si giunge, nell’amplesso
quando per tutta la gola sale il rospo
le cose che avrei voluto dire, equilibrista.
Tu sei l’equilibrista perfetta, un po’ mi ami
un poco vieni a spandermi a seme, come nulla
di me volessi poi trattenere, equilibrista
vibrisse della gatta che fiuta, scena muta.
Equilibrista in avanspettacolo sui tacchi
sulle rotelle della magnetica mia terra, equilibrista
cielo di nuvole basalto, di fiaccole nel santo patrono
equilibrista, per tutta la poesia che mi cade, che mi tiene

View original post 19 altre parole

Read Full Post »

RUMORI

Rumori di ciabatte scostate, e rubinetti
fatti strillare al nudo di donna.
Questo è quanto
nella mattina fatta a sternuti, notte morta
spellata come un vecchio animale.
Cento metri
e il neon della stazione mi morderà sul naso
mettendomi del grigio negli occhi, e del tabasco
per dare dei saluti piccanti a qualche d’una
venuta a gran fatica sui tacchi per far figa;
abbonamento fresco di stampa, ascelle rase
ancora un po’ di Rimini tatuato sulla schiena.
Rumori di stoviglie pulite mica tanto
l’alone del tè nero di ieri non va via;
s’appiccica che sembra una suora dell’asilo
la sua mania di dir le preghiere e farmi santo.
Rumori di officina e di moka, di serrande
tovaglie sbatacchiate come a una processione
rumori di bottiglie in frantumi, di campane
di grilli e campanelli slabbrati, di tortura
insonnia e caramelle alla menta, quando l’apri
e il cellophane per tutta la sala sembra un fiume
un fine migrazione di sabbia e di falene.
Rumori di giudizi affrettati, di disgrazia
di freni un poco andati, pastiglie da cambiare;
rumori di bidoni scappati dalle mani
di due ceffoni andati nel segno, di ginocchia
per terra mentre dietro il marito fa che vuole.
Rumore di ragazza al mercato, di ferretti
di ganci e reggiseno perfetto, di cerniere
e dopo di sottane per terra, bei rumori
di tori e di confetti succhiati, bei rumori
di figli sui capezzoli, di guance sempre piene.
Rumori della carta da zucchero e di paste
rumori dello scrivere tenero, di orgasmo
trenta secondi netti da record, e poi canti
l’Aida o la Traviata, di petto.
Bei rumori, fastidi ormai di casa come la naftalina
o i cani dei vicini che brindano al postino
alle caviglie delle signore, ai bei polpacci
di quello che gli porta i giornali. Bei rumori
di acqua benedetta che scende nel coppino
di scarpe con la suola rifatta, gomma vera
quindici euro e durano un anno, bei rumori
di dentro e anche di fuori, dei baci che ti ho dato
di quelli che vorrei dare a un’altra, delle vene
con dentro l’ago della speranza. Bei rumori
di quando metto mani alle orecchie
e viene il mare, e sento per i piedi le piccole altalene
le onde della mia gioventù solleticare.

Read Full Post »

SOTTILE

Trasparente, come l’imene rosso
tra adolescenza e donna.
Sottile
come il vetro di nonna e le sue ante
la zuccheriera e il miele nel fondo
come il ferro, polverizzato in spiagge dell’Elba
come il mondo
se piangi per la bocca e mi parli dentro gli occhi.
Sottile come il filo di perle, il collo astrale
la gola delle pecore, la tua deglutizione.
Sottile come certe carezze da bambino
come i capelli giù dal balcone, con i fiori
le foglie e goccioline bevute;
come il piede
tra la ringhiera e tutta la gamba, come il pane
che a te piace inzuppare di pomodori e sale.
Sottile come certi pensieri se non dormi
con gli occhialini persi in un libro, come il dito
che lecchi per la pagina dopo
come il velo
che fa la sposa tutta da mordere e toccare.
Come il lino, che scivola sul culo tuo tondo
e fa la ola, come le carte del condominio
del tresette, o quella azzurra del macellaio.
Come il saio
che fingo di indossare chiedendoti da bere
metà più l’altra, tutta per me, più giù
sottile
dove c’hai l’ombra della sottana, il pelo nero
le isole di Grecia e di Cipro. Si
sottile, come la precisione che metti quando spicci
e tagli, e fai più svelte le mani
e tutto balla, il seno e la padella che frigge
il lume acceso, da ieri e poi nessuno ci pensa.
Più sottile
del dire niente e empirti l’orecchio
trasparente
come il mio sesso fatto di vetro, e le tue dita
sottili al collo della bottiglia.
Quasi nullo, lo spazio che si pone tra l’aria ed ogni stella
tra lingua e lingua e andarci più piano
tra il casino, di quattro bombe e scioperi in bianco
ruberie, tiranni e gioventù sconsacrata.
Si, sottile
lo spazio tra la vita e la morte, e tanto pare
che smetto anche di desiderare, di affondare
di ridere e scopare, di mettermi a pensare.

Read Full Post »

LE VIOLON D’INGRES

I tuoi fianchi di caramello e anice
limoni, riverbero nel pozzo
di salamandre e rane.
I fianchi tuoi di pino e di frassino
di noce, betulle con la tonaca corta.
I fianchi nudi, due stoppie per accendere il fuoco
i fianchi duri, i teneri di spigoli e impresa
i fianchi al sole, ellissi della donna perfetta, vanitosa.
I fianchi deliziosi di Eva
il melo rosso, il melo più eccitato di un obice
di un uomo
finito per amore del giusto col pigliarli.
I fianchi delle donne che sono casa e chiesa
lavoro ed abitudini noia, i fianchi molli
i fianchi come fiumi gelati, i fianchi paglia.
I fianchi come uova di gallo e di pernice
i fianchi di colomba sul filo del cannone.
I tuoi nella mia bocca rupestre, i giardinieri
botanici e animali che bevono, i tuoi sordi
i muti e senza tocco di spade
i tuoi bastoni. Inezie e francamente importanti
i fianchi d’acqua, di aria, fuoco e terra di Siena.
I fianchi larghi, finestre per guardarti arrivare
e starci bene.

Read Full Post »

Older Posts »