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Archive for novembre 2022

CENTO ALL’ORA

La sua filosofia la tirava fuori il vino

il giorno di dicembre,

quando nasceva il Figlio.

Più semplice di un bel monumento:

marmo e ossa, sputando quando terra

lo permetteva intera;

cantando quando gonna di donna là passava.

Mio padre lavorava di brutto, solo questo

nessuna imprecazione veniva dalla noia

nessuna scuola altra che le sue mani, e i calli.

Più buono anche del Papa talvolta

spesso ingenuo. Capace di far conto

quel tanto che bastava

frizione, freno, mai cento all’ora.

Eccolo là!

Nell’atto di salire le scale,

prima l’ombra, la mano che si aggrappa

feroce alla ringhiera.

Ecco l’uccello che plana, e lo ricorda.

A volte c’è un silenzio qui in casa

che fa storia, e preme sulle orecchie

come una malattia.

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GIGLI

Le nocche di una donna che lava sono rocce

montagne dove l’erba fatica, e tira vento.

Le nocche di una donna che invecchia

sono pane, e seta

se le baci con bocca più sincera.

Odorano del sesso degli angeli, e di cera

di rose appena sorte nella stagione breve.

I gomiti di questa mia donna sono gigli

riflettono la luce del fuoco alle caverne;

e s’aprono all’amore per gli ultimi, in silenzio

lontani dalle aiuole curate, dai giardini

tirati in bella mostra, ma d’anima perduta.

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DENTRO, IL MARE

La prima camera sapeva di ciliegio

e un grande specchio scioccava la parete.

Quando vi entrasti togliesti ogni pensiero

ed io feci la grazia di raccontarti i fianchi

usando le tue mani per prime, come un cieco

che costruisce un mondo il colore che gli aggrada.

  • Sei come un pentagramma – ti dissi

e tu suonasti, toccandoti le corde dell’arpa

e dimenando, lo stelo di uno zufolo

con dentro un’aria nuova.

Venisti come certi acquazzoni presentiti

nel naso prima d’ogni visione. Fuori un volo

furioso a quote basse e imprudenti; dentro

il mare, il sale disseccato tra gli inguini

il pudore, gettato come un naufrago

alla terra di Nausicaa.

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QUI TI SONO

Tu, così immobile in un sonno di nigrizia

somigli a una foresta che agli uomini è proibita;

dove s’annidano sogni e bui animali

il vento che non scopre, non ride, non carezza.

T’avessi vista mai luccicare in petto e in viso

potrei violare il segno tracciato, entrare

e udire, fin anche le ferite dell’upupa

e del legno. E discettare insieme al tuo fiume

sul creato, sul senso dell’addio che ci incombe.

Aspetto il segno

un occhio di risveglio e di assenso.

Qui ti sono, confitto nella carne

come radice pura.

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