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Archive for agosto 2016

ACCANTO

Quando sei triste, che sembri un dormitorio
la fiera del respiro mi piange
e tutto il corpo.
Depongo la valigia dei sogni fuori casa
e vengo a decifrarti sui polsi, come allora.
Ma allora erano ore pulite
e lo facevo, per prenderti l’amore
e ridartelo figliolo.
I mondi miei corsari rimpiangono i fienili
aspettano il papavero in mezzo
il sonno duro, che viene dopo aver lavorato.
E la mattina
rifaccio bene il letto in cartone
resto in casa, ad educarmi il cuore come fai tu a soffrire
attenta ai figli se hanno mangiato
o se sto bene, vestito almeno un poco decente
sempre accanto.

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GIORNI STRANI

E il tuo faccino lungo e pulito
il tuo da sciura
di quelle impellicciate di un tempo
un tempo becco
il becco di una gazza che ruba
e ruba niente
quel niente che mi trovo qui accanto
accanto al corpo
il corpo che faceva baldoria
la baldoria
d’avere pochi amici di sabato a cenare
cenare e digiunare poi giorni
giorni strani
e strani sono questi silenzi
strani e pieni
pieni di grazia, e stalle, e rimesse
e bei giardini
giardini con le cupole spente
e grandi chiese
le chiese di partito, del dopo ci pensiamo
pensiamo essere vivi per sempre
sempre attenti, e pronti a quel martirio
che fa l’amore un ciuco
un ciuco caricato per monti, pane e acqua
quell’acqua pellegrina che bevo al tuo ritorno
ritorno a farmi scapolo e sordo
sordo al male
il male che ti prende quando svanisce il tutto
il tutto come il vento alle mani
mani nude
e nude sono adesso le ore
ore fumate
fumate con la pipa dei vecchi
vecchi preti
i preti che trovarono il Cristo in me, bambino
bambino come questo mio scritto
scritto
stop.

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Non t’abbandona il potere dei tuoi libri
la loro cauta felicità in agosto;
riflessa sopra il lucido veniale
e timoroso, delle tue cosce semina e avorio.
Non ti lascia
incide in te come un nudo fossile, conchiglia
che in sé conserva l’eco dell’acqua tra due mondi;
spericolata e fragile faglia in cui t’addentri
con l’ali del mansueto e l’ebbrezza del falcone.
Più cauta di una barca tra Scilla e roccia pura
i piedi verso l’orlo che morde
verso schiume, ginepri e solitudini antiche.
Cauta e folle
la patria più esigente posata sullo sterno
il becco di fringuello che metti in te, felice
discreta come il Dio bucaneve
una cerasa, caduta là nell’erba più alta
nuda e piena

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PICCOLI GESTI

Piccoli gesti io voglio, ne ho bisogno
bicchieri mezzi pieni
le tue ciabatte storte, mentre ti versi un cieco mattino
e un po’ di petto
ti sporgi bene attenta a ogni spreco.
Gesti nudi
semplicemente usciti di mano appena alzata
nemmeno un filo rosso sui labbri, cipria o altro.
Piccoli gesti come l’armarti di una sporta
per metterci dei fichi e un foulard
parole antiche, quale volerti bene
e aspettiamo il fresco insieme.
Quel riordinare tutto è pulito e siamo in casa
tu che nascosta fumi il tuo vizio
io che guardo, le piccole caviglie rinate
e il tuo coraggio.
Piccoli gesti e latte di capra, pesche noci
depositate a un cesto come ai granai una volta
io te per fare amore impossibile.
Un cantuccio, di ombra e una fioriera che esplode
un gatto in strada
che lecca le sue zampe con nobiltà e sussiego;
un campanile senza ritegno, uccelli a sciami
il disco ormai consunto di Mina dei vicini.
Le perle nel cassetto per quando starai bene.

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un atto d’amore, da Luigi, che non finirò mai di ringraziare ed ammirare

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Col vilipendio della parola scritta
di quella tramandata in conversazioni a tono;
dentro stazioni senza più neon
né cartelloni
ma monitor bizzarri tra due correnti d’ala.
Ho amato con le labbra degli orsi, dei rapaci
staccandoti la pelle in teatri rogitati
su letti circoscritti da oceano e statue in sale.
Ho amato una signora lontana, è stata dura
far tutta quella strada di bucce e sabbia fine.
Ho amato le sue pesche in procinto maturare
due natiche operaie, deluse dai sui patti
dai troppi alzarsi presto il mattino.
Ho amato forte
col grugno e il vedo rosso del toro
come un uomo, che tiene il paradiso per sé.
Ho amato
o forse, soltanto depredato i miei anni
usato il corpo, come fosse il padrone di questo ragazzino
che ha nostalgia dell’uomo in consegna del carbone
il conto sul libretto con saldo a fine mese
le braccia al vento in sella alla bici
quando ho vinto.

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Nel costruire la casa dove vivo
nessuno ha fatto caso al quadrante vista cielo
al posto già assegnato alla luna;
alla mancanza
che un giorno avrei sentito allungandomi di lato
dove solitamente ti stendi per dormire
e dove con duecento e più astuzie fai capire
che meglio riempiremmo le ore in giochi braci.
Nessuno ha mai pensato che fuori, in metri d’erba
la pioggia avrebbe fatto cantare le cisterne
le foglie larghe come tamburi
e questa pena
che lenta come un cane affamato, non mi lascia
e mi ricorda prima del sonno cosa è stata
la vita da incoscienti e felici.
No, nessuno
nessuno nei cantieri le pensa queste cose
e ci si cura solo di lavar via la malta
il puzzo del sudore e la terra dentro il naso.
Per poi tornare a sera inoltrata a proprie cose
e un buon bicchiere e a fare l’amore.
Resto nudo
agosto fa sentire anche i gatti camminare
la gente ch’è rimasta ha il pudore di zittire
si lecca le ferite e poi sputa dai balconi.
Nessuno va veloce o sta litigando in strada
mi viene quasi un dire ti amo
ma son solo.

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