Combatto questo orrore con il sorriso e i denti
col bordo del bicchiere umettato di saliva
la tua, mia donna cara; che certo non t’importa
se porto braghe corte e gambali. Io m’arrangio
trainando la mia bici con le sportine piene:
arance, qualche pane di scorta, e mille sguardi
a quella tua finestra sbiancata di calcina.
Combatto questo orrore terreno con me nuovo
e riconosco il miglio d’uccelli, il loro canto
che fa la seduzione una grazia; sento l’erba
che cresce e brucia avida il bere. Ascolto il mare
che frange al campanile credendolo uno scoglio
le onde volitive bambine farsi grandi
e poi chetare all’ombra degli olmi. Sento te
il piccolo catino dove riposi i piedi
il seno d’educanda che sembra per sbocciare.