Ho faticato l’occhio, le gambe, e tutto il corpo
cercando di trovare nel cielo il latte sacro
le stelle sparse come granaglie dell’infanzia;
ma non ho visto mondi perfetti, né misteri.
La liquerizia delle nottate è merce rara
di questi tempi amari con troppe luci accese.
Allora ho calibrato il sestante nella stanza
e ho inteso seni nudi fuggiti al sonno fondo
la bocca aperta piena di baci e di parole
e il tuo diaframma come la Terra: due sussulti
e poi gran quiete, e via nel ripetersi.
I tuoi piedi, due sassi bianchi nella sterpaglia.
E un gran dolore, m’è preso faticando nel passo
tale in me, tu sei come il peccato d’origine.
Tu aspiri, ed io rilascio il soffio seguente
mai lontani.