Forse quell’ultima cosa tu conosci:
bere in eguale misura alla tua bocca
come alla fonte di roccia di quel monte;
scoperta della vita leggera
il volo d’api, golose alla lavanda
e la mano di mio padre.
Forse che un’ultima cosa
è ritornare, l’origine svelata
con quattro foglie appena.
La prima per la mia nudità,
labbra di seta,
le altre per nutrire del vento.
Forse questo
e il tuo bel viso mentre ti lavi
il tuo pudore
di seni come mele sull’albero del pane.
O il prato d’erba Spagna negli occhi
quando l’apri
e pigoli il mattino spezzando le parole.
Il bianco nei capelli che viene
se li sciogli, e poi li fai giocare
col sale delle stelle.