Hai fatto sbornia di suoni, di rumori
di foto in bianco e nero e filmati amatoriali.
Hai fatto che chiamare costava una fortuna:
auguri per Natale, poi un anno in semi oblio.
Hai fatto che degli orti non ti importava nulla
e adesso guardi sempre le foglie, i pomodori
e palpi le ciliegie come dei seni madre.
È notte e le lancette fosforescenti al buio
ti dicono che è presto, ma a me sembra domani
e non hai più del tempo da perdere in sciocchezze
coi pelandroni a sera in un Bar, fuori di casa.
Adesso tu la prendi per mano, e hai sedicianni
di nuovo, perché allora
pareva magra quasi spavento; ma era festa
soltanto nel vederla lontana. E tu eri scemo
con quella barba a chiazze a mimare Che Guevara.
Sapevi quasi niente del mondo, ma era bello
sentirsi nelle gambe un po’ di rivoluzione.
Ancora lo vuoi forte cambiare tutto quanto
ma fuori mette freddo, e nebbia in Val Padana;
per le ginocchia l’umido corre, il fiato è breve.
Ma forse è solo un’altra tua scusa: tutto bene
a parte qualche complicazione, andiamo avanti.