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Archive for Maggio 2021

CHECK IN

Io l’ho veduto, seduto su un aereo

il giorno che non fa mai la notte.

Luce opaca, tra gli emisferi tondi

di mondi quasi uguali.

L’America dei film col sapore del rimorso

le cattedrali oscene vetrocemento e acciaio.

Ci son cascato dentro in un sonno senza pace.

E ho visto le feluche sul Nilo, sabbie rosse

le pietre millenarie orientate con le stelle.

E ad ogni porto donne magnifiche

e poi palme, trofei d’avanspettacolo

esposti bene in alto.

Ma il viaggio a cui son più affezionato

è questa vita.

Tornare dal lavoro tra bocche di leone

sfiorare la tragedia ogni volta per un soffio.

Entrare poi nei tuoi fianchi magri come a un fiume

un corridoio al meglio museo

turrite e merli, vicino alla tua bocca

che pare un lungomare.

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NOI L’AMORE

Adesso le lucertole son roba da museo:

tra l’edera e le beole sui passi son sparite.

Non serve più gridare ai figlioli là nei prati

il sole detta orario come una lavandaia

e il vento spinge i fiori al capanno.

Troppo chiasso

ha provocato incendi nel bosco

inondazioni, là dove il fiume andava veloce.

Dammi retta

poggiati con l’orecchio alla terra è già ricchezza

il granoturco avrà le sue vette

noi l’amore.

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CORSA CONTRO IL TEMPO

Non sono fatto per l’ozio spirituale.

Pregare voglio farlo in un letto di fascine

bruciata tutta quanta la vita.

Adesso corro

sbugiardo la mia flemma con morsi di peccato

gettando gli occhi come allo stagno i sassi piatti;

là dove i seni suoi disegnano leoni, foreste

e sabbia viva a spirali.

Adesso rido, e metto il naso intero nelle sue praterie

la bevo quando fa l’acqua nuda, e la carezzo

lascivo perché sono mortale, un semidio

Ulisse fuori mura di Troia, un mentitore

poeta dalle ascelle sudate

disperato.

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FORSE IL MARE

Servono a questo le nuvole, ora so.

A tener basso maggio sugli orti

e a fare rose, mischiate con la crusca

e il sudore dei bambini.

Mi son mancati tanto quei tonfi d’altalena

le risonanze ai muri dei mille e più palloni.

Qui dietro c’è un parchetto di rondini felici

e margherite come piovesse.

Quasi noia, la perfezione senza una voce.

Quasi noia.

Sul chiodo c’è il cappello che ha preso la mia forma

per terra gli stivali della misura giusta;

adesso che capisco le nuvole, le tocco

mi basta alzare un dito ed è come far valige.

Partire per altrove col numero lasciato

non si sa mai ché può capitare

forse il mare.

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NON IMPORTA

La mosca che s’attarda sull’orlo del bicchiere

non sa che anch’io di passo cedevole ora affondo.

Non sa che mentre salgo le scale vengo meno

il fiato brucia zigomi e gola, l’osso cede.

La voce non s’allaccia a parola. Oh, mia cara!

Son poche gocce in sangue dal naso a darmi acuto

il rosso del rubino nel fazzoletto liso;

colore della mia gioventù che ora presenta

gli avanzi buoni d’una minestra, un pane duro.

Così, trovato il lembo di casa, ecco la luce

la cucitrice insonne nel vetro angelicata

le linee ammorbidite degli alberi là fuori.

La mia dolcezza d’essere niente

e non importa.

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SIATE UMANI

Le molte anime buone a me devote

son come le betulle più chiare in cieli chiari;

son come le campane la sera a ferragosto

le gambe delicate delle mondine ai prati.

Sappiate custodire il linguaggio delle mani

la tenerezza di un tulipano: io ho vissuto

sbagliando l’occidente talvolta, ma fedele

al miglio già percorso e a quello che mancava.

Sappiate riconoscere il cervo nella luna

ed osservarlo nella sua grazia. Siate umani

ancor prima che poeti eleganti e talentuosi.

Ho più imparato all’ombra di un tiglio

sui gradini, guardando mamma fare il bucato.

E non c’è libro, poema, opera d’arte

che ora le competa.

Poiché il suo poco pane lei lo ha spartito sempre

il primo di quel solo boccone alla mia bocca.

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IL LATO OSCURO

Dentro il tuo sesso c’è un cane alla catena

un falco, un’ossidiana sepolta.

C’è un ragazzo

un liuto con la voce dei miei migliori anni.

E poi una sella lisa di cuoio, un filo in perle

l’essenza della rosa più spudorata in maggio;

c’è il viaggio ultraterreno che abbiamo fatto insieme

la tenda sulla porta d’estate, un orto intero

e Santo Sebastiano trafitto da un poema.

Le tracce di mio figlio passato nella fuga

c’è la scapigliatura di Alice, il mondo in fretta

che vuole masticare come una pesca al vino.

Dentro il tuo sesso ci ho pianto come un bimbo

e riso come uno qualunque, respirato

e costruito immagini mobili, un teatro

un blues per gatte insonni già gravide.

Un motore, idrogeno e fatica la sua alimentazione.

E dentro ci ho trovato anche Dio mezzo spaesato

chiedeva indicazioni sul settimo del mese.

Dentro il tuo sesso ho imparato anche la terra

e il vuoto che non lascia dormire, il lato oscuro

che dalla luna prende anche te.

L’assenza, infine, di tutto ciò che esiste

e si affrancherà da noi.

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