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Archive for settembre 2019

RADICE D’ORTENSIA

Di me, salito sopra quell’albero, hai ricordi?
Sembravo un’altra mela matura mi dicevi
un merlo che s’aggiusta le piume per partire
sulla millimetrata di vita.
Non sapevi
che in me paura tutto coglieva, e saldo al ramo
con lui abbracciavo i giorni a venire.
Come un sasso, brunito e levigato
che non conosce balzi, il corpo rotolato dal vento.
Si, felice, è stato il carezzare dell’uomo
e poi la donna, con la sua vulva d’anima e pelo.
Come un arco
ho teso le mie gambe a pianure me vicine
lasciando il cielo agli avventurosi
altri pionieri, con ali grandi d’angelo, bianche.
Alla mia schiena, puoi leggere radice d’ortensia
i suoi rilievi
il segno delle dita del sole, strade, campi.

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RESTIAMO

Suprema cantilena è questa pioggia
un piede sul telaio d’infanzia
e l’altro ai fossi.
Ho foglie di geranio scordate dentro i libri
le vuoi? o solamente la bocca. Bacio bene
coloro che in amore mi lasciano.
Mia cara
il timpano del cielo produce argento ai sassi
restiamo con le mani intrecciate
abbiamo figli, e catenine d’oro dei tempi sul comò.
Scambiamoci la gioia l’un l’altra
in scontri d’ossa, di luce navigata sui polsi.
Hai gambe belle, tremende come i venti dall’Asia
come i mari, sbiancati in una sbornia di luna.
Dai, restiamo
è un piovere tranquillo ed onesto che ascoltiamo
un po’ come l’amore ora esperto che sappiamo.

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STELLE CADENTI

Tempo è arrivato che io ti mostri il lago
dall’alto di una rupe dove maldestri andammo
in anni in cui la vita davanti era quadriglia
galoppo e salti a lunghi steccati.
Là ti porto, a deliziar la gola dell’erba sopraffina
ad umettar la bocca dell’acqua frontaliera
la generosa offerta che mai si nega, estiva
lontani dal clamore delle città assediate.
Là ci portiamo, a concludere il tracciato
tu col sostegno di un olmo
io, spaesato
ricolmo dell’orgoglio che il corpo mi contiene
la fronte come piazza degli orologi a luce.
Qui ci portiamo, a spettacolo di stelle
alcune uccise il giorno per ritornare, nude
come le pietre a rimbalzo
a pelo d’acqua, là sulla seta dove camminò Dio
l’Atlante e un pesce sauro dei tempi.
Ascolta bene
è questo quasi intero silenzio un frullo d’ala
lo slancio tutto reni e dorsale
del creato.

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RICORDARE TE

Scrivere il sesso, l’amore.
Cosa nota.
C’è l’asola da sciogliere in cuore
bocca fresca, da porgere alla fonte
senza timore alcuno
C’è l’otre dentro il petto dei venti avuti in dono
l’isola chiara di sabbia dei tuoi occhi.
Il sogno che di notte ci desta
c’è settembre, il miele e la dolcezza dei fichi;
la vendemmia, col suo grembiule d’uva
e le guance da succhiare.
Scrivere il sesso, l’amore, è moto ondoso
risacca e dopo impeto ancora.
Altra impresa
è ricordare te che riposi sotto i sassi
i girasoli e gli angeli in pietra.
Tu eri bianca, e in te somma di luce e colori
un mondo pari.
Avresti età e memoria dei saggi
stamattina, e dopo una nottata di pioggia e di baccano
diresti solamente
– c’è vento, state attenti.

10 anni fa, ciao Rosy

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NUDO

Per fare una poesia che non menta
ho steso il corpo
fuori dall’uscio, tra il vento principale.
Per liberarlo d’acque passate, tracce secche
orme di caribù lungo il fiume.
Non so quanto
ma ci vorrà del tempo impigrito, del coraggio
la stessa leggendaria pazienza delle donne.
Servirà forse un lungo carteggio di cultura
o solamente un lapis, la lista di tre cose
uscire per andare a bottega e poi succhiare
la liquerizia dura d’infanzia.
Sarà rosa, come la casa dei doganieri
sarà azzurro, un bel mestiere oceano mare;
sarà, infine
un piccolo diamante felice di brillare.

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