Posted in poesia on settembre 24, 2012|
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Il sibilo del colpo lontano schioda i morti
li mette su di un fianco,
a tentare altro riposo.
Non roviniamo il gesto di Dio
nelle alberate
nell’umido che sale a fatica
nell’odore, che porta dentro infanzia e millenni.
Guarda,
è nuda
questa campagna gravida a funghi
e sole basso.
È nuda come il latte di mucca, il vino in tazza
il pane che raffermo s’inebria a nuova vita.
È nuda come ho tutto da dirti,
e già mi manchi,
mi manchi come certe orazioni uscite a forza
e le ventilazioni d’inverno dentro casa.
Mi manchi come manca alla donna il primo morso
la conoscenza e l’uomo vicino
mano a mano
la storia primigenia che hai modo di ascoltare
se poni bene orecchio alla sobrietà dell’erba
al verme che scarnifica i sassi
alle radici
che attingono nei laghi profondi
forza e fede.
Qui sono nato, in quest’isola di niente
col mare intorno a pizzo di nuvole
e basalto. La proliferazione dell’alga e lichene,
l’Universo
può essere di un piccolo nemmeno immaginato.
E dentro questa isola ci sono uova antiche
il tuorlo che da origine al fuoco
il magma vitreo, gelatinosa teca che include
gambe e braccia.
E ancora più, nel Micro del Cosmo
i semi buoni
i più fecondi, giudici attenti
i più supremi.
Così come supremo è l’amore, il becco giallo
di mille e più rapaci ai confini di che vedi.
Supremo come l’elmo dei frutti
il loro ardire, verginità concesse soltanto a buone mani.
Supremo come il canto che penetra la cera
l’orecchio profanato di Ulisse, che qui vaga
con un bastone e pelo di capra.
Qui, ammezzato
soltanto l’ombra d’arco che tese
e la sua donna;
lunghi capelli ora in procinto di adornare
le scale mozze di un parrocchia, a perdifiato.
Sentiero per i nidi d’ogni passione viva
d’ogni passione carne e follia.
Qui sta il mio grido,
il mio principio e forse la fine
qui, la pietra
incisa di chi ho amato per sempre
e così sia.
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