Lo fa per dissetare la mano,
oltre la gola,
la nebbia del ricordo là dove lui dormiva.
Lo fa con questa pelle che non si lava bene
che trama le sue pene lasciandone confini
muraglie, crespature invadenti.
Lei, mia madre.
Contiene la caucasica cera del pallore
le guance rosse quando ha vergogna
e compie gli anni, nascosta
dentro un letto più grande della luna.
Adesso poggia piano il bicchiere mezzo vuoto
le onde da agitate si fanno via più calme;
ha bagnato il comodino, ma cosa può importare?
Lui lo faceva sempre: forse la stessa mano
ha preso agitazione nel bere, forse Dio
scappati tutti i sogni ha mandato questi segni.
La tenda che si muove seppure non sia vento
lo sterno che ora duole perché qualcuno muore
il suo orologio come impazzito.
Oppure niente.
È l’immaginazione che prende i cuori soli
la sera, nel silenzio, la porta chiusa a chiave.
dolcissima di graffi l’immagine che vive oltre il foglio. carezza di una malinconia che si percepisce a ogni sillaba. grazie
Grazie carissima ❤
delicata e struggente
Grazie ❤
Evocativa e colma d’amore filiale.
Ti ringrazio tanto 🙂
quanto amore
Ciao carissima 🙂 grazie